Sentimenti di un lontano 1914. La guerra. Giovani frati al fronte

Il 28 luglio 1914, a seguito dell'assassinio a Sarajevo dell'arciduca Francesco Ferdinando, l'Impero austro-ungarico dichiarò guerra al Regno di Serbia. Le maggiori potenze mondiali si schierarono in due blocchi contrapposti: da una parte gli Imperi centrali, ovvero Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano e Bulgaria, e dall'altra gli Alleati rappresentati da Francia, Regno Unito, Impero russo. Da allora, per quattro anni, più di 60 milioni di uomini combatterono in Europa e quasi 10 milioni caddero sui campi di battaglia.
Le prime operazioni militari furono l'invasione austro-ungarica della Serbia e la fulminea avanzata dell'esercito tedesco in Belgio, Lussemburgo e nel nord della Francia, fino a giungere a 40 chilometri da Parigi. La sconfitta patita sulla Marna il 6-9 settembre da von Moltke infranse le speranze della Germania di una guerra breve e vittoriosa, che invece degenerò in una logorante guerra di trincea, replicandosi su tutti i fronti fino al termine del conflitto.
Nel 1914 l’Italia non era ancora belligerante. Il governo di Antonio Salandra reputava che non ci fosse ricompensa adeguata al sacrificio di tante vite umane, nemmeno per Trento e Trieste contese agli austriaci. Pertanto mantenne la neutralità, assumendo una posizione rischiosa in caso di vittoria dei tedeschi sul Reno. Contemporaneamente subì le pressioni di Luigi Cadorna che voleva mandare in loro soccorso 5 corpi d’armata (formati da soldati per lo più non preparati), e quelle delle potenze alleate. Iniziò così una negoziazione alla ricerca di offerte vantaggiose da ambedue le parti, fino a giungere al Patto di Londra del 26 aprile 1915 e all’entrata in guerra dell’Italia a fianco degli Alleati il 23 maggio successivo. Nelle piazze intanto si susseguivano le manifestazioni di una minoranza di interventisti, mentre i neutralisti erano minacciati e intimiditi.
Nel 1914 infatti l’opinione pubblica era del tutto sfavorevole ad entrare nel conflitto. “Speriamo che la nostra terra ne sia sempre lontana” si scriveva nel periodico L’Addolorata della SS. Annunziata, ricordando la sofferenza delle madri, i giovani feriti e abbandonati nei campi, il rientro in Italia degli operai emigrati, senza denaro, con donne e bambini tutti affamati.
Papa Benedetto XV, asceso al pontificato il 3 settembre 1914, invitò ripetutamente i popoli e i sovrani alla pace. Già il suo predecessore Pio X aveva scritto ai francesi che “l’uomo deve nutrire quaggiù preoccupazioni più alte che quelle degli avvenimenti passeggeri di questa terra; e la gioia suprema e inviolabile dell’anima umana è il dovere soprannaturalmente adempito a qualunque costo, è il servizio prestato a Dio malgrado tutto” (L’Addolorata, p. 226).

Tra le conseguenze dell’entrata in guerra vi fu l’invio al fronte dei giovani frati dei Servi di Maria. Già il 18 aprile 1914 era morto nel convento dei Sette SS. Fondatori fra Angelo M. Luigi Simi, di 21 anni, di Stazzema, per la tisi contratta durante la vita in caserma. Il p. generale Alessio M. Lepicier invece si trovò coinvolto nelle operazioni della battaglia della Marna nel settembre 1914 ed ebbe difficoltà a tornare in Italia dall’Inghilterra. In ringraziamento per lo scampato pericolo si trattenne alcuni giorni a Montesenario.
Intanto p. Antonio M. Fontana minore conventuale di Arezzo diffondeva un opuscolo contro la guerra: “La terra è ogni giorno inzuppata di sangue e coperta da montagne di cadaveri. Ormai non si contano più le vedove desolate e i meschini orfanelli. Che orrore! Che desolazione! Eppure la setta nefanda lavora di mani e di piedi per creare fra noi una corrente favorevole alla guerra e così finir di rovinare la povera Italia. Bisogna opporsi accanitamente al lavoro tenebroso della setta ...”.
Nel mondo cattolico faceva impressione anche sapere come a Sarrebourg, presso la frontiera francese sulla strada che conduce a Bruhl, una croce artistica alta più di tre metri con un Cristo di pietra era stata abbattuta il 20 agosto da uno shrapnel. Il Cristo era rimasto con i bracci tesi in alto “in atto di suprema supplica di fronte agli orrori della guerra”.
Ancora nel maggio 1915 Benedetto XV esortava a recitare la preghiera della pace durante le funzioni del mese mariano. Ma l’Italia entrò in guerra proprio in quel mese. Delle tremende esperienze dei giovani frati inviati al fronte, sono testimoni alcune lettere pubblicate sempre da L’Addolorata, in forma anonima per timore della censura. Anche se è impossibile risalire al mittente, ne riportiamo alcuni brani.

20 giugno 1915 ... “Qui è quasi impossibile accostarsi, come desidererei, ai SS. Sacramenti ... Aspettiamo lo smantellamento dei forti austriaci per avanzare di più ... Tre giorni fa una granata mi cadde a cinque metri di distanza senza punto ferirmi. Ho sperimentato che qui ci vuole sacrificio, coraggio generosità e avanti senza paura, umile e rassegnato: Gesù penserà a me”.

27 giugno 1915: “... L’altro giorno invero, mentre in un momento di melanconia leggevo una preghiera al S. Cuore di Gesù, mi chiama il signor capitano e mi presenta al rev. sig. cappellano militare, al quale io, essendomi andato a confessare, avevo rivelato chi ero. Dietro il mio consenso adunque, uscii dalla compagnia e venni aggregato allo stato maggiore, come serviente e pedissequo del mio sig. cappellano militare che ha i gradi di tenente. Che grande grazia non ho adunque ricevuto da Gesù e Maria Santissima!”

29 giugno 1915: “Qui non si tratta più di combattere con Arabi e Beduini [guerra di Libia], ma con dei Tedeschi preparati a qualunque resistenza. Mi vedo vicino la morte ad ogni momento, e d’altra parte non si trova mai pace per il frastuono dei cannoni e dei fucili. Appena ho alcuni minuti di tregua afferro la matita e scrivo ai miei amati superiori, confratelli e parenti per averne una risposta di conforto, la quale molte volte vien ritardata a causa del servizio postale ... Io poi fui promosso sergente il primo di giugno”.

14 luglio 1915: “... Io con la mia batteria è dal 5 giugno che siamo in combattimento e, creda, che il giorno 5 si ebbe il battesimo del fuoco; si può ringraziare l’Altissimo perché si scampò proprio per miracolo e per ora, per grazia di Dio, nella mia batteria, non è rimasto nessuno ferito, malgrado i giornalieri combattimenti”.

29 luglio 1915: “... Io continuo a farmi coraggio, ma siccome siamo uomini, qualche volta mi manca anche quello. Quando però penso al nostro caro Ordine, alla nostra cara madre Addolorata ed ai miei amati confratelli, mi sento pervaso da una forza superiore, convinto che nulla potrà nuocermi, avendo Iddio per mio scudo”.

“... Ho visto fra ... e fra ... il giorno 17 del corrente e fra ... il 19 [i puntini sono della censura]. Furon per me quelli i giorni più felici passati in guerra. Benché in quei due giorni tuonassero i cannoni austriaci, tuttavia non ne facevamo caso, solamente pensavamo alla nostra religione, ai nostri amati superiori e ai cari confratelli”.

“Carissimo Padre: ... potrebbe farmi mandare un po’ di medagliette dell’Addolorata e qualche immagine stampata in tela, se ve ne sono? ... mi sia concessa quella purezza di vita che dovrebbe essere il distintivo del sacerdote nell’esercito: possa introdursi sempre con senno e senza paura quando lo richiede l’onor di Dio e della S. Religione, possa insomma giovare ai miei fratelli”.

... 26 settembre 1915: ... “Domenica ventura avrò la prima Comunione di un soldato: sarà una cerimonia commovente”.

La mancanza di spazio non ci consente di riportare per intero le lettere o altri scritti dal fronte, come un sonetto di fra Luigi M. Donati intitolato Ave Maria. Due versi dicevano: Nella trincea la preghiera arcana / ripeton tutti con sincero zelo ...

I primi frati deceduti in guerra furono: luglio 1915, fra Giuseppe M. Nucci di 25 anni, soldato già a 20 anni nella guerra di Libia. Fedele alla sua vocazione era stato – come scrisse il cappellano militare – “angelo custode dei miei soldati. Poche ore prima in trincea aveva invitato gli amici a recitare il S. Rosario”.
9 novembre 1915, fra Pietro M. Raffaelli, di Viareggio, di 25 anni, anch’egli già chiamato per 18 mesi nella guerra di Libia, “più volte salvato dalla SS. Vergine Addolorata”, deceduto a Firenze per malattia contratta in guerra.
Primi di marzo 1916, fra Buonagiunta M. Campagnolo di Godego (Treviso) di anni 30, caduto sui campi di battaglia.
30 giugno 1916, il laico professo fra Pio M. Bleni di 34 anni, lucchese, caduto in battaglia il 30 giugno.
7 agosto 1916, fra Luigi M. Mazzei, di 29 anni, di Pietrasanta, il quale “la sera del 6 agosto offriva la vita sua, quella vita che operosa e proficua sulla terra, doveva poi il giorno dopo 7 agosto esser coronata in cielo. Lottando nei pressi di Gorizia egli cadde ...”.

Paola Ircani Menichini, maggio giugno 2014 – 10 maggio 2024. Tutti i diritti riservati.




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